La organizzazione delle aree dell’ateneo non deve generare compartimenti stagni, ma facilitare sinergie necessarie in un ateneo dinamico e moderno. L’Area delle Scienze Giuridiche ed Economiche rappresenta un capitale importantissimo di conoscenze, cerniera di collegamento fondamentale tra università e mondo delle professioni, e quindi con la città ed il suo sistema produttivo. Una più equilibrata rappresentatività delle diverse anime e storie culturali contenute in quest’area deve essere considerata anche a livello statutario per evitare una regressione dell’ateneo nella quale dall’appiattimento delle differenze deriverebbe il definitivo nostro impoverimento. Vedo in una sempre maggiore integrazione scientifica e didattica con le discipline dell’area delle Scienze e Ingegneria quella naturale sinergia che ha già dato prova di poter offrire slancio ed innovazione ai percorsi didattici ed alla progettualità scientifica delle due aree. L’Area delle Scienze Umane fornisce da sempre una varietà di esperienze e culture che rappresenta una vera ricchezza per l’ateneo e che deve essere messa elle condizioni di esprimere al meglio le sue potenzialità, sia in sinergia con altre aree, ad esempio nei Beni Culturali, sia negli ambiti più profondamente umanistici come le letterature e gli studi filosofici, antropologici e storici, dove abbiamo vere e proprie eccellenze. L’apertura al mondo attraverso l’incentivo agli scambi di docenti e studenti trova proprio in quest’area il luogo privilegiato di realizzazione. L’Area delle Scienze e Ingegneria, a cui appartengo, ha una sua naturale proiezione negli ambiti di ricerca più attivi in ambito scientifico, tecnologico ed industriale. Informatica e Biotecnologie hanno raggiunto una loro maturità e si sono sapute affermare per capacità progettuale, scientifica e di creazione di impresa. Matematica, Fisica e Chimica possono trovare spazio di crescita in sinergia con Economia, Medicina e Beni culturali, nell’ottica di non vedere le aree come recinti chiusi. Tutto questo rappresenta un patrimonio che è al servizio dell’ateneo e che deve essere consolidato e sviluppato ulteriormente insieme alle realtà produttive locali dove queste rappresentano eccellenze internazionali come nel caso dell’agro-alimentare e nel settore dell’enologia e viticoltura dove gli spazi di crescita per l’ateneo sono enormi. Verona deve assumere un ruolo di leadership a livello internazionale sul piano della ricerca scientifica in campo vitivinicolo ed enologico, potendo realizzare anche in ambito universitario quel primato industriale che ha la provincia di Verona nel mondo. Vi sono grandi opportunità nel settore agro-industriale, alimentare, ma anche nella bioinformatica, nuova frontiera della scienza e terreno naturale di sinergia con il settore biomedico, e nell’ICT, ambito nel quale può nascere dalla interazione con la ricerca fatta in un dipartimento forte di Informatica una nuova imprenditoria che sappia agganciarsi allo straordinario motore di crescita che sono le tecnologie dell’informazione

Medicina: Particolarmente critica è oggi la situazione nell’Area delle Scienze della Vita e della Salute, ex Facoltà di Medicina, organo vitale del nostro ateneo. Gli importanti investimenti fatti sul polo medico-ospedaliero di Borgo Trento rendono non ulteriormente procrastinabile una profonda e condivisa discussione sul ruolo di Borgo Roma all’interno del quadro complessivo dell’Università e della Azienda Integrata. In un momento storico in cui l’integrazione tra discipline di base (così dette pre-cliniche) e le discipline cliniche ed assistenziali è sempre più forte, è impensabile per un ateneo come il nostro rinunciare all’enorme potenziale scientifico che si è sedimentato negli anni a Borgo Roma e che rappresenta a tutt’oggi il principale bacino di produzione scientifica e tecnologica dell’ateneo! Al contrario è necessario avviare una integrazione più forte tra componente clinica e pre-clinica assicurando una sempre maggiore continuità nella filiera che va dalla clinica alla ricerca di base e viceversa. La traslazionalità dell’approccio scientifico alla medicina moderna giustifica quindi pienamente, ed anzi dovrebbe rafforzare, il ruolo centrale dell’area scientifica e biomedica di Borgo Roma come motore primario dello sviluppo dell’ateneo. Questo significa dotare Borgo Roma di un Campus e mantenere unito il ciclo unico di formazione dei medici e delle professioni sanitarie all’interno di strutture nelle quali tutti gli aspetti scientifici sono curati e sviluppati al meglio. Significa al tempo stesso individuare nel post lauream, ovvero nella Scuola di Specialità e nel Dottorato di Ricerca il luogo naturale di formazione clinica e di ricerca da collocare opportunamente nei poli di Borgo Roma o Borgo Trento, secondo un piano razionale e condiviso. Per ottenere questo è necessario immaginare una missione ed un futuro di lungo periodo per le strutture di Borgo Roma che sia complementare e non in alternativa o contrapposizione a Borgo Trento. Non è chiaramente nelle mie capacità e nemmeno nella mia volontà imporre dall’alto una tale decisione. Sono invece assolutamente convinto della necessità di individuare un insieme di obiettivi di altissimo livello su cui incentrare lo sviluppo e la missione del Campus Scientifico e Biomedico di Verona. Esso deve essere sinergico alle strutture di Borgo Trento, mantenendo una sua ben definita identità incentrata sulla qualità della ricerca scientifica, della didattica e dell’assistenza. Questo progetto deve partire dai noi, donne e uomini di scienza, e deve essere condiviso sia nella visione che negli aspetti attuativi. Questo significa dialogare con tutti gli enti coinvolti mantenendo ferma la volontà di preservare in Borgo Roma il baricentro scientifico e tecnologico dell’università. Il modello è quindi quello di una sempre più forte integrazione tra le discipline e la individuazione in Borgo Roma del luogo dove questo si può realizzare, rispondendo anche ad una domanda di formazione scientifica in ingresso alle lauree a numero programmato che è a tutt’oggi non soddisfatta. Il ripristino delle Scuole di Specialità perdute è essenziale per assicurare alla nostra università quel primato scientifico che stiamo perdendo: perdere le specialità cliniche significa dismettere progressivamente gli asset più pregiati e trasformare Verona in quella teaching university che credo non interessi a nessuno di coloro che credono nella importanza della ricerca e del progresso scientifico. È necessario riconoscere le peculiarità didattiche dell’area medica, in parte svolta con modalità non frontali, ed è necessario il recupero di docenza nei settori ora in crisi o prossimi alla crisi strutturale e di personale. L’organico dell’area medica del nostro ateneo deve essere completo ed adeguato a sostenere la ricerca e la assistenza. Sotto questo aspetto una analisi e revisione dell’atto di costituzione della Azienda Integrata risulterà necessario soprattutto per garantire all’università quel ruolo che la Costituzione gli affida. È necessario che la integrazione avvenga senza sopraffazione tra le parti, universitaria ed ospedaliera, garantendo però che le diversità siano rispettate. Tra queste è dal mio punto di vista particolarmente rilevante la dimensione della ricerca e della didattica, che sono da sempre prerogativa della componente universitaria in tutti i suoi ruoli. I ruoli universitari devono quindi svolgere la funzione di promozione, coordinamento e sviluppo della ricerca, coinvolgendo per quanto possibile anche il personale ospedaliero. Lo spazio per la ricerca significa laboratori attrezzati ed all’avanguardia, infrastrutture adeguate, personale tecnico e di ricerca, e anche tempo da poter dedicare allo sviluppo e nella trasmissione della cultura, che è nelle missioni fondamentali dell’università. In questo senso vanno recuperati tutti quegli spazi di autonomia e libertà che caratterizzano da sempre il ruolo universitario, contrastando in ogni modo possibile anche solo la ipotesi di “ruolo unico”.